
Monte dolce-AMARO
13 luglio 2021
Nel gruppo montuoso della Majella,
Appennino abruzzese.
2793 metri di altitudine.
La montagna è lotta.
I pini mughi che spingono, trattengono, trascinano avanti e indietro e da ogni lato nel districato intreccio di rami, aghi, pigne e resina tra i capelli.
Le intemperanze del vento, tremendo tormento, che disperde il suono del cammino, fa mancare la terra sotto i piedi, altera l'orientamento.
La montagna è ascolto.
La musica dei nostri passi, il ronzio di un'ape che si dondola sui petali di un fiore, il gorgoglio dell'acqua che nasce, il respiro della terra.
La montagna è sofferenza.
Il sole ruggente che batte sulla fronte fa arrossire la pelle. Le scarpe che si restringono chilometro dopo chilometro. Lo zaino sempre più pesante. Gli occhi rossi per le sferzate di vento e pietre. Salite ripide che si alternano a discese ancora più vertiginose senza interruzione.
La montagna è emozione.
I camosci che pattinano sulla neve, saltano e si rincorrono in giochi pericolosi lungo pareti spioventi, guardano fissi l'orizzonte e osservano con attenzione ogni movimento degli intrusi. Si godono la libertà.
Il tramonto e l'alba visti dalla stessa finestra. Due cuori e una tenda stretti in un abbraccio lungo una notte sotto le stelle, un bacio solitario sulla vetta. L'amore che raggiunge quote elevate.
La montagna è fiducia.
Nella compagna di viaggio e nelle sue riserve di energia. Spinta dalla stessa grande passione, sfida la fatica per raggiungere obiettivi impensabili.
La montagna è conquista.
Ore di cammino con in mente solo la cima, davanti gli occhi la meta finale e ancora migliaia di passi da camminare, indicazioni segnaletiche che allontanano il punto di arrivo.
Fino al momento in cui la croce segna 2793 metri.
Conquista di prestigio, la cima del Monte Amaro tutta per noi due.
La montagna è un amore controverso.
Una battaglia tra mollare e insistere con tutte le forze, scappare e non voler più andare via, restare abitante di quei luoghi isolati dal rumore di auto e fabbriche, saltare e correre liberi sul ghiaccio.
Come i camosci.