
Monte Semprevisa
16 gennaio 2021
Montagna più alta dei Monti Lepini,
nella provincia di Latina.
1536 metri di altitudine.
Brioso e gioioso, approfittando dell'ultimo giallo giorno gennaiolo per decreta decisione,
mi arrischio ad inseguir la neve.
Pallida e un po' fangosa, a Pian della Faggeta imbianca sul lato il sentiero.
Solide zolle di ghiaccio subito dopo, appena erta si fa la strada.
Ardua è la salita a pattinare su saponette impazzite.
Unica possibilità di riuscita nell'impresa escursionistica è ricalcare le orme di passati visitatori in ramponi e ciaspole.
La fatica trasforma un giorno di pieno inverno in uno di mezza estate. Il sudore imperla la fronte (e lì si arresta surgelato).
Rincuorato da passanti al loro rientro, raggiungo la piana del Semprevisa.
Liscia nivea piana. Tutto è immobile. Fermo. Silenzio.
Gli alberi venosi dormono spogli di uccelli volati al riparo caraibico.
La montagna ammalia con il suo illusorio letargo.
Cinerei nuvoloni fanno da cappello alla vetta del Semprevisa. Il periglio in agguato.
Meno audace è rivolgersi alla vetta di fronte, il Monte Capreo, di poco più basso.
La salita si trasforma in un'arrampicata; nessuna impronta a fare da appiglio, la parete liscia e pendente. Stile ragno della vetta faccio guadagno.
La vista si perde agli orizzonti.
Le placide cime innevate dei monti vicini (e lontani), serenamente quietano, da una parte.
Il turbolento mare di Circe dall'altra, annebbiato e scalmanato, infesta le spiagge svuotate degli ombrelloni.
Stesso contrasto ripercorre il mio animo, nella sfida tra restare beato e riprendere viceversa la direzione dell'andata.
I tempi sono corti e lunghi passi da fare.
Il ghiaccio risuona e trema. Scricchiola sotto il peso delle numerose culate che è costretto a sorreggere.
A mo di bob, il posteriore slitta sullo scivolo naturale e, con le mutande pregne di acqua gelida, in tempi record raggiungo il capolinea.
Un giorno da bambino per compensarne cento da.....bambinone.